sabato 2 febbraio 2008

Le ultime lettere di Jacopo Muortis

III lettera


Dal Bar "Canalone", Venezia, 13 dicembre 1797


Ti scongiuro giovane Waller, non ribatter più; fernesco n' attimo 'sta partita a flipper e ti rispondo. Ho deliberato di venirmi a spendere i miei ultimi ducati dentro a questo ameno bar, pur avendo promesso a mia madre che avrei oggi cominciato a faticare per quattro perucchi veneziani dentro al Blockbuster di Via Canale appilato n.34. Non mi è bastato il cuore e mi perdonerà, spero, invece di prendermi con lo scarpone ortopedico davanti ai cumpagnelli, rignendomi di scuorno. E che sò fatto? Un scarrafono? (...agg' perz 'nnaggia a maronn...). Lascia che ti principi il racconto sinnò nun capisci manc 'o cazz. Stamane traboccante delle migliori intenzioni mi ho scetato di buon'ora con l' alluccare di un pappavallo che da dentro a un gazebo annunciava in dolby surround la nascita di un nuovo partito dedicato proprio alla gent' e mmerda, per consumar poi frugale colazione col mottino ed il lattuccio dentro al C2N che, come avverso ed ingrato nocchiero, mi avrebbe condotto a buttare il sangue a faticare. Avevo obliterato pure il biglietto, per farti capire come veramente avevo messo la capa a fà bene. Arrivai con poche ore di ritardo e le lacrime già irrigavano, come fresca rugiada su un campo di friarielli, il mio viso fanciullesco al pensiero di essere atteso da un destino tanto rio ed a sentire le maleparole che si firava di rivolgermi il direttore del blockbuster con tutto che in paese lo sanno come una brava persona che tiene famiglia. Rimasi ben presto solo, poichè il mio collega di turno, Carminiello, un giovane bruno, dinoccolato (nunn agg mai capito che cazz' significa) e figlio di una coppia di intellettuali gay veronesi che si sono sposati e poi hanno divorziato dopo un mese prima ancora che i Dico entrassero in vigore e che a Rutelli ci venisse una crisi mistica e si mettesse a piangere davanti alla figurina della marunnella scalza con la vestaglia e i bigodini in testa, lasciò per qualche ora il posto di lavoro per andare a prendere con la visparella la sua gentile e diafana fidanzata, Giusy Cannulicchio e concedersi con lei un romantico incontro a base di pugnette dietro alla stazione di Venezia Centrale dove una scritta in bianco che dice "messeri" si staglia orrizontalmente su sfondo blu e fete un poco di pisciazza. Stremato il mio gracile corpo da quel lavoro che richiedeva la forza di 100 braccianti ucraini senza permesso di soggiorno e sala da pranzo, decisi di concedermi una piccola pausa ed inserii nella lanterna magica della thompson la pellicola di un film spuorco, dal titolo "L' importanza di chiavarsi a Ernesto", con l' intento di tirarmi finalmente la seconda pugnetta della giornata, quando ad un tratto la mia attenzione fu carpita da una figura di donna che si stagliava per terra emettendo grida lancinanti proprio davanti alla vetrina. Era 'na zencara con un criaturo in braccio, che chiagneva, feteva e chiedeva l' elemosina davanti al Blockbuster con un cartello in mano che diceva : "Sono povera, non tengo casa, tengo 10 figli ed un marito morto durante la guerra che si ubriaca e poi mi riempie di mazzate e mi fa scorrere il sangue dai denti". "Zitto!" pensai in testa a me "Vuò verè ca se chiav'?" e con tono cicisbeo rivolsi cunferenza alla zingara, che non appena scorse la mia timida ed allampanata figura, come saetta in un giorno di maletiempo che sei sceso pure con i giapponesi ai piedi, si alzò fulminea per darmi in faccia al grido di : "Io qua potere stare!!!" e nel medesimo istante, come sciame di mosche 'ngopp a 'na cacata 'e cavallo, si riversò nel negozio una banda di fetienti e gentarielli che già erano stati espulsi dal prefetto 7-8 volte e che altrettante volte erano tornati e si erano portati pure i cumpagni da dentro al bar "Bucarèst, è strunz chi ce rest". Questi prepotenti e scustumati energumeni rovesciarono, alluccando le peggio schifezze in rumeno, il contenuto degli scaffali e lo menarono spavezato per terra. Invano invocai soccorso, alluccando tipo femmina che si trova per scambio dentro una casa studenti a Perugia, mentre i malinquenti mi davano la corsa e mi tiravano appresso una dopo l'altra le cascette di "C'eravamo tanto amati in culo", "Roma città aperta dietro", "Martin L' Uter King", colpendomi ripetutamente in fronte con la stessa precisione di un cecchino di Sarajevo che fà zumpà a cap' a copp' o cuoll a 'nu criaturo che cammina mano nella mano con la madre. Alcuni di loro si erano pure spuntati la vrachetta. Senza pensarci un secondo di più abbandonai in lacrime quel posto infernale, scapezzandomi qui come crapetto a pasqua, tra le mura amiche del melanconico palcoscenico della mia infanzia più serena, ancora zuppo di amare lacrime e sangue che scorrono all' unisono copiosi e merda che mi scende per sotto, sentendo finalmente la voce paterna e rassicurante del buon barista Don Gerardo pronunciare la sua tipica e bonaria frase "Facev' bbuon Musullin" e parlare male di Wladimir Luxuria pure quando si parla del campionato del Napoli e non si capisce tanto che c'azzecca. Soprattutto perchè onestamente je m' a chiavass'. Mia madre ha già saputo da Carmeniello della mia fuga e mi ha qui spedito un piccione viaggiatore per farmi sapere che mi avrebbe buttato la collezione di vinili di Mika nel cesso e tirato impietosamente la catena. Chella granda zoccola. Una lieta novella tuttavia pervade di gioia la mia vita di dolori, patimenti e privazioni. Ho conosciuto a una sopra a Badoo ed il mio cuor ricolmo è nuovamente di goia e fanciullesca speranza. Ha detto che forse ci fidanziamo.

Per sempre cumpagn' a tte
Jacopo Muortis

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