Considerando che questo blog riceve 3 visite al giorno sarebbe inutile pure, però vi comunico ugualmente che Jacopo Muortis e il giovane Waller si sono trasferiti, assieme ai facts di Gesù Cristo e a Gloryhole, a questo indirizzo . Mò vedete voi se ne vale la pena o meno di venire a vedervelo.
sabato 14 febbraio 2009
sabato 12 luglio 2008
I dolori del giovane Waller
VI lettera
Dal Carcere di Santa Margherita, proprio tipo Silvio Pellico, 13 maggio 1798
Jacopo, amico mio,
non cerca' scusa per il tuo ritardo nel rispondere alla mia precedente missiva. Comprendo che le tue disavventure ti hanno impedito di pensare a me, e mi limito per questo a farti solo un amichevole rabuffo, e ad augurarti uno sbocco di sangue fracito.Mi dolgo profondamente per i casi della tua vita, e per il tuo fato avverso: 5 ragazzi ti hanno rignuto di cavuci e cignate, e non ci è scappata nemmeno una foto sulla pagina di cronaca locale. Sfortunato te, caro amico: dice che se esci sul giornale, chiavi sicuro, e pure per senza soldi. Mi ha raccontato Raffaele Sollecito che da quando è successo il fatto che hanno scannato a Meredith e lui è andato sul giornale, i carcerati che stanno con lui se lo chiavano a tipo cuniglia paisana, e prima invece non ne poteva nemmeno con i film spuorchi. Tiene il buco del culo sbanato, ma è felice: fosse così anche per te!Anch'io, tuttavia, sono stato oberato dai miei impegni, che sai essere gravosi e sfaccimmosi. Mia madre, che dolorosamente insiste nel volermi costringere a faticare, mi ha trovato un posto come assistente di studio a "Che viento che votta?", una nota trasmissione della televisione tedesca. Purtroppo l'ospite della mia prima serata era il noto sovversivo tedesco Marco Travaglien. Ebbene, costui, senza remora nè scuorno alcuno, ha cominciato ad alluccare in faccia a Fazio, il presentatore, contro al vice Cancelliere della Germania, il venerabile dott. Renato Schifezza. Jacopo mio, meglio che non ti dico che è successo. Fazio, da grandissimo professionista, si è dissociato dalle parole di Travaglien, e già chiagneva, tapino, pensando che perdeva il posto di fatica. Ma non ci ha potuto niente: la Rai subito ha stutato le trasmissioni, e mentre mandavano il monoscopio è trasuto nello studio Claudio Capponen, il direttore generale, vestito da generale delle SS, con un impermeabile scuro e un cappello che si era fottuto da un bigliettaro dell'ATACS. Capponen ha cominciato ad alluccare come a Pappalardo, e noi ci siamo tutti messi una sfaccimma di paura, perche lui, tanto dallo sforzo, si è fatto rosso in faccia a tipo Mr Bison, e pareva che mo gli si schiattava una vena in canna. Quando si è calmato, ci ha detto che erano tutti cazzi dei nostri, e che era meglio che salutavamo alle mamme nostre, perchè era cazzo che dal giorno appresso ci chiudevano in galera e non le vedevamo più. Capponen, la cui saggezza profonda ci ha impressionati, ci ha ricordato che "Che viento che votta?" è una trasmissione seria, mica è "La prova del cuoco", che tutti vanno e fanno i mongoloidi appresso alle tagliatelle di quella inzevata della Clerici; poi ci ha frustati a tipo Varenne e purgati con olio di ricino, olio di fegato di merluzzo, olio di sansa, olio di colza e olio motore Castrol.Il giorno appresso, mentre ci si turcevano ancora gli intestini e ci facevamo male i rini per le frustate, il vilipeso Schifezza è andato in televisione a dire che qualcuno vuole minare il dialogo sulle riforme, che non si è capito che ci azzecca ma pure sono belle parole, e fanno la loro figura sui giornali. Allora il Sisde tedesco è venuto a prelevare a casa me e tutti quelli che faticavano a "Che viento che votta?", e ci hanno tradotti in carcere, in attesa di giudizio. Travaglien è invece stato mandato al confino in provincia di Caserta, dove ha in programma, secondo i primi rumors, di scrivere un libro su Cristo che si ferma a qualche parte, mo non ho capito bene che ci azzecca sto fatto della religione (chi non la capisce, questa, me lo dice e gliela spiego). L'ingiustizia è compiuta, amico: l'iniquo Travaglien in campagna, assecutando contadinelle, e noi, noi che al travaglio (nel senso della fatica) ci dedicavamo, senza scopo sovversivo alcuno, quivi siamo stati rinchiusi. Ora giaccio su un tavolaccio, cavando pirucchi dai miei crini 'nzevati, e mangiandoli a tipo per' e muss'. Tutto sembrava perduto, amico, le tenebre calavano sulla mia vita: ma ho di nuovo una ragione di vivere. Sì, Jacopo, sono innamorato, e per ogni giorno mi prendo un ricordo che tengo nascosto lontano dal tempo insieme agli sguardi veloci momenti che tengo per me: lei è parte di me. Elevo questi versi con animo lieto, grato agli autori, gli stilnovisti Zero Assoluto, e sono felice, pur guardando il mondo attraverso queste sbarre. Lei si chiama Mara, mi è stata presentata dal dott.Schifezza, e tutti e due mi hanno detto che se testimonio contro Travaglien mi fanno uscire subito. Sai, amico diletto, Mara ha un buon posto al Ministero delle Pari Opportunità di Germania, ed è laureata proprio come Olga, la badante ucraina di nonna Vicenza. Lei non sa del mio profondo sentimento, anche se il corazon mi batte fotte fotte, e vorrei dichiararmi immantinente. Pensieri si rincorrevano nella mia testa, pensieri di strategie amorose: mi sono or ora deciso ad inviarle una missiva, qui dalla prigione, in cui la informo che, se si vuole mettere con me, deve mettere la crocetta sul quadratino che laboriosamente le ho disegnato. Jacopo carissimo, giunto ormai sono ad una svolta: prega per me, acchè mi si schiudano finalmente le porte del'agognata fessa.
L'amico tuo che sta già mezzo tuosto e mezzo moscio,
il Giovane Waller
VI lettera
Dal Carcere di Santa Margherita, proprio tipo Silvio Pellico, 13 maggio 1798
Jacopo, amico mio,
non cerca' scusa per il tuo ritardo nel rispondere alla mia precedente missiva. Comprendo che le tue disavventure ti hanno impedito di pensare a me, e mi limito per questo a farti solo un amichevole rabuffo, e ad augurarti uno sbocco di sangue fracito.Mi dolgo profondamente per i casi della tua vita, e per il tuo fato avverso: 5 ragazzi ti hanno rignuto di cavuci e cignate, e non ci è scappata nemmeno una foto sulla pagina di cronaca locale. Sfortunato te, caro amico: dice che se esci sul giornale, chiavi sicuro, e pure per senza soldi. Mi ha raccontato Raffaele Sollecito che da quando è successo il fatto che hanno scannato a Meredith e lui è andato sul giornale, i carcerati che stanno con lui se lo chiavano a tipo cuniglia paisana, e prima invece non ne poteva nemmeno con i film spuorchi. Tiene il buco del culo sbanato, ma è felice: fosse così anche per te!Anch'io, tuttavia, sono stato oberato dai miei impegni, che sai essere gravosi e sfaccimmosi. Mia madre, che dolorosamente insiste nel volermi costringere a faticare, mi ha trovato un posto come assistente di studio a "Che viento che votta?", una nota trasmissione della televisione tedesca. Purtroppo l'ospite della mia prima serata era il noto sovversivo tedesco Marco Travaglien. Ebbene, costui, senza remora nè scuorno alcuno, ha cominciato ad alluccare in faccia a Fazio, il presentatore, contro al vice Cancelliere della Germania, il venerabile dott. Renato Schifezza. Jacopo mio, meglio che non ti dico che è successo. Fazio, da grandissimo professionista, si è dissociato dalle parole di Travaglien, e già chiagneva, tapino, pensando che perdeva il posto di fatica. Ma non ci ha potuto niente: la Rai subito ha stutato le trasmissioni, e mentre mandavano il monoscopio è trasuto nello studio Claudio Capponen, il direttore generale, vestito da generale delle SS, con un impermeabile scuro e un cappello che si era fottuto da un bigliettaro dell'ATACS. Capponen ha cominciato ad alluccare come a Pappalardo, e noi ci siamo tutti messi una sfaccimma di paura, perche lui, tanto dallo sforzo, si è fatto rosso in faccia a tipo Mr Bison, e pareva che mo gli si schiattava una vena in canna. Quando si è calmato, ci ha detto che erano tutti cazzi dei nostri, e che era meglio che salutavamo alle mamme nostre, perchè era cazzo che dal giorno appresso ci chiudevano in galera e non le vedevamo più. Capponen, la cui saggezza profonda ci ha impressionati, ci ha ricordato che "Che viento che votta?" è una trasmissione seria, mica è "La prova del cuoco", che tutti vanno e fanno i mongoloidi appresso alle tagliatelle di quella inzevata della Clerici; poi ci ha frustati a tipo Varenne e purgati con olio di ricino, olio di fegato di merluzzo, olio di sansa, olio di colza e olio motore Castrol.Il giorno appresso, mentre ci si turcevano ancora gli intestini e ci facevamo male i rini per le frustate, il vilipeso Schifezza è andato in televisione a dire che qualcuno vuole minare il dialogo sulle riforme, che non si è capito che ci azzecca ma pure sono belle parole, e fanno la loro figura sui giornali. Allora il Sisde tedesco è venuto a prelevare a casa me e tutti quelli che faticavano a "Che viento che votta?", e ci hanno tradotti in carcere, in attesa di giudizio. Travaglien è invece stato mandato al confino in provincia di Caserta, dove ha in programma, secondo i primi rumors, di scrivere un libro su Cristo che si ferma a qualche parte, mo non ho capito bene che ci azzecca sto fatto della religione (chi non la capisce, questa, me lo dice e gliela spiego). L'ingiustizia è compiuta, amico: l'iniquo Travaglien in campagna, assecutando contadinelle, e noi, noi che al travaglio (nel senso della fatica) ci dedicavamo, senza scopo sovversivo alcuno, quivi siamo stati rinchiusi. Ora giaccio su un tavolaccio, cavando pirucchi dai miei crini 'nzevati, e mangiandoli a tipo per' e muss'. Tutto sembrava perduto, amico, le tenebre calavano sulla mia vita: ma ho di nuovo una ragione di vivere. Sì, Jacopo, sono innamorato, e per ogni giorno mi prendo un ricordo che tengo nascosto lontano dal tempo insieme agli sguardi veloci momenti che tengo per me: lei è parte di me. Elevo questi versi con animo lieto, grato agli autori, gli stilnovisti Zero Assoluto, e sono felice, pur guardando il mondo attraverso queste sbarre. Lei si chiama Mara, mi è stata presentata dal dott.Schifezza, e tutti e due mi hanno detto che se testimonio contro Travaglien mi fanno uscire subito. Sai, amico diletto, Mara ha un buon posto al Ministero delle Pari Opportunità di Germania, ed è laureata proprio come Olga, la badante ucraina di nonna Vicenza. Lei non sa del mio profondo sentimento, anche se il corazon mi batte fotte fotte, e vorrei dichiararmi immantinente. Pensieri si rincorrevano nella mia testa, pensieri di strategie amorose: mi sono or ora deciso ad inviarle una missiva, qui dalla prigione, in cui la informo che, se si vuole mettere con me, deve mettere la crocetta sul quadratino che laboriosamente le ho disegnato. Jacopo carissimo, giunto ormai sono ad una svolta: prega per me, acchè mi si schiudano finalmente le porte del'agognata fessa.
L'amico tuo che sta già mezzo tuosto e mezzo moscio,
il Giovane Waller
mercoledì 7 maggio 2008
Le ultime lettere di Jacopo Muortis
V lettera
Sotto alla statua di San Zeno che ride in faccia a 'stu cazzo, Verona, 7 maggio 1798
V lettera
Sotto alla statua di San Zeno che ride in faccia a 'stu cazzo, Verona, 7 maggio 1798
Caro Giovane Waller, non dirmi nulla se non mi ho fatto sentire per tutti questi mesi senza farti nemmeno gli auguri a Natale e a Pasqua, ma sto passando più guai io che Giobbe dopo che il Padreterno si era fatto venire i cinque minuti ed andava cercando a uno che si teneva i paccheri senza dire niente. Mandato in quel di Verona da genitori che di tenermi davanti agli occhi più non si firaron, presso una zia soggiorno e qui solamente nequizie e sventure si abbatteron su di me. Impossibilitato ad accedere a msn, persi ella, la divina fanciulla di cui ti accennai, che una volta mi aveva fatto vedere pure le zizze per dentro alla webcam. Seppi da un messo, Antonino ' o film luce, che si fidanzò con un giovane di meccanico e saperne di lei più non volli, anche se ogni tanto una pugnetta tra le lacrime pure me la tiro. Ma se credi che sia questa la sventura più grande, hai preso proprio il cazzo per la banca dell' acqua. Consumato dal dolore, scagnai la notte per il giorno ancora una volta ed andavo camminando più sfasulato del solito, cuore infranto e solitario per le strade della città dei celebri amanti, quando andai a finire lungo lungo dentro a una cacata di cavallo che era tipo sabbie mobili, dimenandomi piangendo per uscirne ed inguacchiandomi pure sopra i capelli. Quando riuscii finalmente a riemergere, ero diventato marrone scuro e fetevo come i polipi scaduti da 10 anni che vendevano a Torino con la data scritta a penna che però se te li mangiavi sicuramente non ti succereva niente perchè non si era interrotta la catena del freddo. Avvertivo già il battipanni di mia zia che mi scorticava le pacche del culo per essermi inguacchiato il cazone fresco lavato e mentre tentavo di ripulirmi invano con le lacrime, udii la voce di un viecchio abbastanza scustumato con un forcone in mano ed un fazzoletto verde arravugliato in ganno che alluccava : "El negher che le sta vendendo la troca!". Senza pensare nemmeno mi misi a correre tipo criaturo che si era sperso per sbaglio dentro ai Musei Vaticani e riuscii a seminarlo, odendo soltanto le parole Dio e cane in lontananza. Mentre che rifiatavo piegato in un angolo, sento una voce che mi dice : "Tieni una sigaretta?". Manco il tempo di rispondere, che mi arriva un cazzuttone in testa e poi caveci nella panza, pugni, sputazzate in faccia. Erano cinque bravi ragazzi studenti modello con la maturità classica di buona famiglia per bene che, per mezzo dei rumeni che da quando sono venuti hanno portato il male esempio e dei marucchini che vendono la droga che li fa uscire pazzi, si erano rasati i capelli ed andavano facendo i maliservizi, però rimanendo sempre dei giovani italiani veramente educati e per bene. Mentre mi stavano facendo bere 2 buttiglioni di olio di ricino e marchiando a fuoco con una svastica rovente in culo, sono arrivati due della Digos che mi hanno chiesto : "Scusate, ma è un reato riconducibile ad un' ideologia politica di matrice estremista oppure è un semplice gesto di bullismo per scherzare tra amici senza che nessuno si fa male?". Il fatto che mi scorreva il sangue dai denti scognati fu interpretato come una chiara conferma della seconda ipotesi e fu spiegato ai cinque studenti esemplari che oramai si sono fatti degli ometti e queste cose non le devono più fare che sennò pure va a finire che un giorno di questi pure si fa male qualcuno. Immediatamente arriva come un pazzo l' avvocato di famiglia di uno dei cinque e fa un cazziatone ai poliziotti, dicendo : "Il mio assistito è in gravissime condizioni psicofisiche", poi si ricorda che quello era Ronaldinho, che nel frattempo chi sa a chi se stev chiavann', gli fa avere 10 giorni di paghetta sospesa con la condizionale e li accompagna a tutti e cinque a casa con il suv, che si era fatto tardi e le famiglie si stavano cominciando a preoccupare che gli poteva succedere qualcosa, mentre nello stesso momento usciva Fini per televisione e parlava dell' atto gravissimo di quelli che avevano menato la pasta e patane sopra alla bandiera d' Israele. Mò sto ancora ittato per terra col cazone acalato che scorro sangue e merda e ti scrivo questa lettera mentre aspetto che qualcuno mi viene a pigliare, pure perchè sto vedendo certe facce che girano qua intorno che non mi convincono. Speriamo che non sono rumeni o marucchini che quelli sò brutta gente overamente.
Il tuo amico con meza svastica tatuata in culo,
Jacopo Muortis
Jacopo Muortis
sabato 2 febbraio 2008
I dolori del giovane Waller
IV lettera
Dalla mia stanzetta, Bayern di Monaco, 16 dicembre 1797
Jacopo, amico mio, alla notizia delle tue sventure gli intestini mi si sono arravugliati come i capitoni la sera di Natale. Le tue disgrazie mi arrecano profondo dolore, e si sovrappongono alle mie, ugualmente sfaccimmose. Sappi infatti che mammà mi ha rinchiuso nella mia cameretta dopo avermi riempito di buffi, e mi ha sequestrato pure tutti i pazziarielli. Anche il pupazzo Armando, sì proprio quell'Armando che tu mi regalasti, pegno di amicizia, al mio trentesimo compleanno. E mo che sale papà piglio pure il resto. Ahimè, o Jacopo, sicuramente mi arricorderò questa jurnata funesta p' quant' camp' !Ma che reato mai ho commesso? Perchè siffatte iniquità sono perpetrate ai miei danni? Mi domando quando il fato, chillu rutt' e mazz', la smetterà di essermi avverso, e mi darà un segno della sua benevolenza facendomi chiavare a una.Ma basta con i lamenti, caro amico, che teniamo un'età e non siamo fatti criaturi: voglio spiegarti la causa di tanta sventura, acchè tu possa stringerti a me in un abbraccio ideale, in modo che io possa sfogarmi piangendo come a un femminiello e soffiandomi il naso nella camicia fresca lavata.Come ti scrissi juorni fa, anch'io da oggi avrei dovuto cominciare a faticare. E infatti avrei tanto voluto: ricordo di essermi svegliato carico di buone intenzioni, ma appena ho visto il bancone della salumeria ho cagnato subito capa. Sono fuggito, Jacopo, sono fuggito comm'a na saetta, incurante delle urla di mammà. Tuorn' arret', ind'o sang' e chi t'è 'mmuort! - strillava, annanz' ai clienti che si facevano le croci con la mano mancina - Vien' a' fatica, uè chin'e' corna! - . Non immagini lo scuorno, tutta la gente mi indicava, rideva e si toppetiava, e un bambino, con atto fulmineo, mi ha messo uno sgambetto. Ho acchiappato il palo della luce proprio ind'e' siens', proprio lì, ammiezz'a l'uocchi, dove solevi sputarmi quando eravamo fanciulli, e sono caduto svenuto, a quattro di bastoni ammiezz' a' via. Povero Waller, dirai, con tono ricchione, ma sappi che le disgrazie non sono finite. Mi sono infatti risvegliato nella salumeria, già con il grembiule n'cuollo, e mammà mi ha ordinato di spicciare le clienti se no mi cecava l'uocchi a sputazzate. Rassegnato al mio destino ho cominciato a tagliare il furmaggio di crapa vecchia, ma il curtiello affilato mi è scappato. Il fato, pozz'jittà o'sangue, il mio fato malefico ha fatto sì che il curtiello, come guidato dalla mano di un camurrista 'ncazzuso, si conficcasse n'panza a nu criaturo che stava nel passeggino. Il sangue scorreva copioso, il criaturo piangeva e la mamma è pure svenuta. Dico io, sti cazz'e femmene: per un poco di sangue che vedono, fanno sta jacuvella tutte le volte. A me il sangue non mi fa schifo, giuro: a me mi fanno schifo solo i ragni, i frungilli e a'nonna Franceschen, che tiene la dentera che fa rumore quando mangia.Nun te dico che è succiesso nel negozio: nu burdell'e' fine e'munno, femmine che alluccavano, gente che traseva, due uagliunastri si so'fottuti pure la murtadella grossa, che mammà ancora s'a chiagne. Finalmente il criaturo è jittat' o sangue mo e per sempre, ed io mi sono rasserenato: la giornata poteva tornare a fare il suo corso, e magari, a ora e'pranzo che c'è meno gente, ci scappava pure na bella pugnetta da sotto il grembiule, che tanto quello è bianco e nun'se vere niente. Ma no, il solito destino m'è cacat'o' cazz': è trasuto nel negozio un guardio, che si voleva accattare una marenna, e si è accorto che era successo Montevergine là dentro. Prima ha alluccato a tipo film americano, poi ha sparato due colpi in aria per spararsi una bella posa. Ma è comprensibile, Jacopo caro: ci stavano le femmine che piangevano, se si vendeva la storia del tutore dell'ordine, è cazz' che o'facevano chiavà buon' e meglio per senza soldi.Comunque quando ha capito che era successo, mi ha pigliato di peso, e, in modo rude mi ha chiavatto un cazzuttone fermo. Mi è uscito il sangue pure a me (n'terra al negozio ce steva nu cesso proprio), e io per difendermi ho provato a rancicare e muzzicare comm' a na jatta, ma senza successo: infatti mi ha messo le manette e mi ha condotto al tribunale. Il giudice ha detto che sono una scarda di cesso, e che non servo manc' o'cazz, e che se fosse per lui i ribusciati come a me li metterebbe in galera, mica li farebbe fare i salumieri o i politici. Ma comunque mammà gli ha promesso che gli astipa le aulive sott'uoglio, quelle che sò tipiche tedesche proprio, e lui è stato clemente: mi ha condannato a una settimana di libertà vigilata da una crapetta, che mo sta in camera con me, e mi guarda con aria incazzosa. Penso che solo che mi muovo mi chiava 'na curnata in panza che mi fa uscire i polmoni per vocca e gli intestini per culo.Sono qui che scrivo, Jacopo, e attendo papà che sale, che sicuro appena sa che è succiesso mi scuce il mazzo a botta di cavuci e mi leva i pure i videogiochi. Ma per fortuna ho te, amico, che patisci per le mie sofferenze manco fosse una puntata di "Sentieri".Ora ti lascio Jacopo. La crapa si è addormentata, ed ora lo farò anch'io. Anzi, mo che ci butto un uocchio, sotto la coda sta crapetta tiene un bel pertuso. Sai, mi sta venendo in mente una fantasia...
Un abbraccio fotte fotte dall'amichetto tuo toppo toppo caro
Il giovane Waller
IV lettera
Dalla mia stanzetta, Bayern di Monaco, 16 dicembre 1797
Jacopo, amico mio, alla notizia delle tue sventure gli intestini mi si sono arravugliati come i capitoni la sera di Natale. Le tue disgrazie mi arrecano profondo dolore, e si sovrappongono alle mie, ugualmente sfaccimmose. Sappi infatti che mammà mi ha rinchiuso nella mia cameretta dopo avermi riempito di buffi, e mi ha sequestrato pure tutti i pazziarielli. Anche il pupazzo Armando, sì proprio quell'Armando che tu mi regalasti, pegno di amicizia, al mio trentesimo compleanno. E mo che sale papà piglio pure il resto. Ahimè, o Jacopo, sicuramente mi arricorderò questa jurnata funesta p' quant' camp' !Ma che reato mai ho commesso? Perchè siffatte iniquità sono perpetrate ai miei danni? Mi domando quando il fato, chillu rutt' e mazz', la smetterà di essermi avverso, e mi darà un segno della sua benevolenza facendomi chiavare a una.Ma basta con i lamenti, caro amico, che teniamo un'età e non siamo fatti criaturi: voglio spiegarti la causa di tanta sventura, acchè tu possa stringerti a me in un abbraccio ideale, in modo che io possa sfogarmi piangendo come a un femminiello e soffiandomi il naso nella camicia fresca lavata.Come ti scrissi juorni fa, anch'io da oggi avrei dovuto cominciare a faticare. E infatti avrei tanto voluto: ricordo di essermi svegliato carico di buone intenzioni, ma appena ho visto il bancone della salumeria ho cagnato subito capa. Sono fuggito, Jacopo, sono fuggito comm'a na saetta, incurante delle urla di mammà. Tuorn' arret', ind'o sang' e chi t'è 'mmuort! - strillava, annanz' ai clienti che si facevano le croci con la mano mancina - Vien' a' fatica, uè chin'e' corna! - . Non immagini lo scuorno, tutta la gente mi indicava, rideva e si toppetiava, e un bambino, con atto fulmineo, mi ha messo uno sgambetto. Ho acchiappato il palo della luce proprio ind'e' siens', proprio lì, ammiezz'a l'uocchi, dove solevi sputarmi quando eravamo fanciulli, e sono caduto svenuto, a quattro di bastoni ammiezz' a' via. Povero Waller, dirai, con tono ricchione, ma sappi che le disgrazie non sono finite. Mi sono infatti risvegliato nella salumeria, già con il grembiule n'cuollo, e mammà mi ha ordinato di spicciare le clienti se no mi cecava l'uocchi a sputazzate. Rassegnato al mio destino ho cominciato a tagliare il furmaggio di crapa vecchia, ma il curtiello affilato mi è scappato. Il fato, pozz'jittà o'sangue, il mio fato malefico ha fatto sì che il curtiello, come guidato dalla mano di un camurrista 'ncazzuso, si conficcasse n'panza a nu criaturo che stava nel passeggino. Il sangue scorreva copioso, il criaturo piangeva e la mamma è pure svenuta. Dico io, sti cazz'e femmene: per un poco di sangue che vedono, fanno sta jacuvella tutte le volte. A me il sangue non mi fa schifo, giuro: a me mi fanno schifo solo i ragni, i frungilli e a'nonna Franceschen, che tiene la dentera che fa rumore quando mangia.Nun te dico che è succiesso nel negozio: nu burdell'e' fine e'munno, femmine che alluccavano, gente che traseva, due uagliunastri si so'fottuti pure la murtadella grossa, che mammà ancora s'a chiagne. Finalmente il criaturo è jittat' o sangue mo e per sempre, ed io mi sono rasserenato: la giornata poteva tornare a fare il suo corso, e magari, a ora e'pranzo che c'è meno gente, ci scappava pure na bella pugnetta da sotto il grembiule, che tanto quello è bianco e nun'se vere niente. Ma no, il solito destino m'è cacat'o' cazz': è trasuto nel negozio un guardio, che si voleva accattare una marenna, e si è accorto che era successo Montevergine là dentro. Prima ha alluccato a tipo film americano, poi ha sparato due colpi in aria per spararsi una bella posa. Ma è comprensibile, Jacopo caro: ci stavano le femmine che piangevano, se si vendeva la storia del tutore dell'ordine, è cazz' che o'facevano chiavà buon' e meglio per senza soldi.Comunque quando ha capito che era successo, mi ha pigliato di peso, e, in modo rude mi ha chiavatto un cazzuttone fermo. Mi è uscito il sangue pure a me (n'terra al negozio ce steva nu cesso proprio), e io per difendermi ho provato a rancicare e muzzicare comm' a na jatta, ma senza successo: infatti mi ha messo le manette e mi ha condotto al tribunale. Il giudice ha detto che sono una scarda di cesso, e che non servo manc' o'cazz, e che se fosse per lui i ribusciati come a me li metterebbe in galera, mica li farebbe fare i salumieri o i politici. Ma comunque mammà gli ha promesso che gli astipa le aulive sott'uoglio, quelle che sò tipiche tedesche proprio, e lui è stato clemente: mi ha condannato a una settimana di libertà vigilata da una crapetta, che mo sta in camera con me, e mi guarda con aria incazzosa. Penso che solo che mi muovo mi chiava 'na curnata in panza che mi fa uscire i polmoni per vocca e gli intestini per culo.Sono qui che scrivo, Jacopo, e attendo papà che sale, che sicuro appena sa che è succiesso mi scuce il mazzo a botta di cavuci e mi leva i pure i videogiochi. Ma per fortuna ho te, amico, che patisci per le mie sofferenze manco fosse una puntata di "Sentieri".Ora ti lascio Jacopo. La crapa si è addormentata, ed ora lo farò anch'io. Anzi, mo che ci butto un uocchio, sotto la coda sta crapetta tiene un bel pertuso. Sai, mi sta venendo in mente una fantasia...
Un abbraccio fotte fotte dall'amichetto tuo toppo toppo caro
Il giovane Waller
Le ultime lettere di Jacopo Muortis
III lettera
Dal Bar "Canalone", Venezia, 13 dicembre 1797
III lettera
Dal Bar "Canalone", Venezia, 13 dicembre 1797
Ti scongiuro giovane Waller, non ribatter più; fernesco n' attimo 'sta partita a flipper e ti rispondo. Ho deliberato di venirmi a spendere i miei ultimi ducati dentro a questo ameno bar, pur avendo promesso a mia madre che avrei oggi cominciato a faticare per quattro perucchi veneziani dentro al Blockbuster di Via Canale appilato n.34. Non mi è bastato il cuore e mi perdonerà, spero, invece di prendermi con lo scarpone ortopedico davanti ai cumpagnelli, rignendomi di scuorno. E che sò fatto? Un scarrafono? (...agg' perz 'nnaggia a maronn...). Lascia che ti principi il racconto sinnò nun capisci manc 'o cazz. Stamane traboccante delle migliori intenzioni mi ho scetato di buon'ora con l' alluccare di un pappavallo che da dentro a un gazebo annunciava in dolby surround la nascita di un nuovo partito dedicato proprio alla gent' e mmerda, per consumar poi frugale colazione col mottino ed il lattuccio dentro al C2N che, come avverso ed ingrato nocchiero, mi avrebbe condotto a buttare il sangue a faticare. Avevo obliterato pure il biglietto, per farti capire come veramente avevo messo la capa a fà bene. Arrivai con poche ore di ritardo e le lacrime già irrigavano, come fresca rugiada su un campo di friarielli, il mio viso fanciullesco al pensiero di essere atteso da un destino tanto rio ed a sentire le maleparole che si firava di rivolgermi il direttore del blockbuster con tutto che in paese lo sanno come una brava persona che tiene famiglia. Rimasi ben presto solo, poichè il mio collega di turno, Carminiello, un giovane bruno, dinoccolato (nunn agg mai capito che cazz' significa) e figlio di una coppia di intellettuali gay veronesi che si sono sposati e poi hanno divorziato dopo un mese prima ancora che i Dico entrassero in vigore e che a Rutelli ci venisse una crisi mistica e si mettesse a piangere davanti alla figurina della marunnella scalza con la vestaglia e i bigodini in testa, lasciò per qualche ora il posto di lavoro per andare a prendere con la visparella la sua gentile e diafana fidanzata, Giusy Cannulicchio e concedersi con lei un romantico incontro a base di pugnette dietro alla stazione di Venezia Centrale dove una scritta in bianco che dice "messeri" si staglia orrizontalmente su sfondo blu e fete un poco di pisciazza. Stremato il mio gracile corpo da quel lavoro che richiedeva la forza di 100 braccianti ucraini senza permesso di soggiorno e sala da pranzo, decisi di concedermi una piccola pausa ed inserii nella lanterna magica della thompson la pellicola di un film spuorco, dal titolo "L' importanza di chiavarsi a Ernesto", con l' intento di tirarmi finalmente la seconda pugnetta della giornata, quando ad un tratto la mia attenzione fu carpita da una figura di donna che si stagliava per terra emettendo grida lancinanti proprio davanti alla vetrina. Era 'na zencara con un criaturo in braccio, che chiagneva, feteva e chiedeva l' elemosina davanti al Blockbuster con un cartello in mano che diceva : "Sono povera, non tengo casa, tengo 10 figli ed un marito morto durante la guerra che si ubriaca e poi mi riempie di mazzate e mi fa scorrere il sangue dai denti". "Zitto!" pensai in testa a me "Vuò verè ca se chiav'?" e con tono cicisbeo rivolsi cunferenza alla zingara, che non appena scorse la mia timida ed allampanata figura, come saetta in un giorno di maletiempo che sei sceso pure con i giapponesi ai piedi, si alzò fulminea per darmi in faccia al grido di : "Io qua potere stare!!!" e nel medesimo istante, come sciame di mosche 'ngopp a 'na cacata 'e cavallo, si riversò nel negozio una banda di fetienti e gentarielli che già erano stati espulsi dal prefetto 7-8 volte e che altrettante volte erano tornati e si erano portati pure i cumpagni da dentro al bar "Bucarèst, è strunz chi ce rest". Questi prepotenti e scustumati energumeni rovesciarono, alluccando le peggio schifezze in rumeno, il contenuto degli scaffali e lo menarono spavezato per terra. Invano invocai soccorso, alluccando tipo femmina che si trova per scambio dentro una casa studenti a Perugia, mentre i malinquenti mi davano la corsa e mi tiravano appresso una dopo l'altra le cascette di "C'eravamo tanto amati in culo", "Roma città aperta dietro", "Martin L' Uter King", colpendomi ripetutamente in fronte con la stessa precisione di un cecchino di Sarajevo che fà zumpà a cap' a copp' o cuoll a 'nu criaturo che cammina mano nella mano con la madre. Alcuni di loro si erano pure spuntati la vrachetta. Senza pensarci un secondo di più abbandonai in lacrime quel posto infernale, scapezzandomi qui come crapetto a pasqua, tra le mura amiche del melanconico palcoscenico della mia infanzia più serena, ancora zuppo di amare lacrime e sangue che scorrono all' unisono copiosi e merda che mi scende per sotto, sentendo finalmente la voce paterna e rassicurante del buon barista Don Gerardo pronunciare la sua tipica e bonaria frase "Facev' bbuon Musullin" e parlare male di Wladimir Luxuria pure quando si parla del campionato del Napoli e non si capisce tanto che c'azzecca. Soprattutto perchè onestamente je m' a chiavass'. Mia madre ha già saputo da Carmeniello della mia fuga e mi ha qui spedito un piccione viaggiatore per farmi sapere che mi avrebbe buttato la collezione di vinili di Mika nel cesso e tirato impietosamente la catena. Chella granda zoccola. Una lieta novella tuttavia pervade di gioia la mia vita di dolori, patimenti e privazioni. Ho conosciuto a una sopra a Badoo ed il mio cuor ricolmo è nuovamente di goia e fanciullesca speranza. Ha detto che forse ci fidanziamo.
Per sempre cumpagn' a tte
Jacopo Muortis
Jacopo Muortis
I dolori del giovane Waller
II lettera
Da Bayern di Monaco, 25 novembre 1797
Amico mio, pur essendo noi inseparabili, un dì ormai lontano fui costretto a lasciarti. Ricordo ancora le lacrime versate sagliendo sull’alfetta di papà; e ricordo lo scuzzettone che mi chiavasti all’intrasatta, chiamandomi “ricchione”, prima ch’io partissi. Eravamo pur fanciulli…E ricordi, ricordi della nostra estate a Pontecagnano affiorano nei miei pensieri, e, come saittella appilata, traboccano e fluiscono su questo foglio. Ricordo Pascalone, il figlio della purtunara, che usava farsi i pallini dentro al naso, e ce li azzeccava per cuollo, in un impeto di infantile esuberanza. E ricordo Eleonora, sua sorella, le cui grazie capricciose ci procuravano un piacevole passatempo, quando la spiavamo mentre si sciacquava il mazzo, facendoci pugnettoni a due mani.E ricordi anche tu le vicende che tanto spesso ci facevano ridere, e invece erano tanto poco risibili? Ricordi don Vecienzo, quando si scapezzò con la bicicletta e gli uscì il sangue per vocca? E ricordi come jastemmava la maronna del carmine, con i fedeli attorno muorti di scuorno, perché si erano visti palle e pesce da sotto la tonaca che si era alzata? E ricordi, in spiaggia, le facezie nostre infantili, quando appoggiavamo il pesce da sopra al costume alle coetanee bambine, che strillavano come le femmine annanz’a un film di Dario Argento?Amico caro, mi dolgo con te per la disgrazia che ti ha colto: hai solo 35 anni e sei già iscritto al collocamento… questa stagione di giovinezza riscalda ancora il tuo spirito, e già dovrai jettare il sangue comm’a nu ciuccio ‘e fatica. E capisco ancor meglio tuo sgomento, poiché mammà ha detto che da lunedì la devo andare ad aiutare in salumeria, perché tiene un’età e non ce la fa più ad aizare da terra le forme di pruvulone piccante e i prusutti con l’osso. Quasi come rapace arpia, mi ha sequestrato tutte le figurine dei giocatori, e ha detto che se non vado a faticare quanto è vero Gesù Cristo me le appiccia. Sai, amico, ho provato a chiagnere e vaviare come criaturo , a fare la finta che tengo male e panza; ho persino detto che se non mi torna le figurine faccio un salto dal balcone: ma non ci sono stati cazzi. Del resto sto di casa al primo piano, e massimo massimo me putess’ scassà na coscia. Povero Waller! Già mi vedo areto a nu bancone ‘e salumiere, con il bianco grembiule, mentre affetto murtadella per la cliente janara… “Fammell’ fina fina, ‘e capit’ Wallèr?” Povere orecchie mie, pur avvezze al salmodiare melodioso di Tiziano Ferro, cosa dovrete ascoltare!Come intuisci, la vita tedesca non è felice, pur tra birra e wurstel. Contento devi essere della tua bella Italia, in cui sole, pizza e mandolino riscaldano il cuore, e dove le donne sono calde e disponibili. Sappi che io, pur essendo nel fiore dell’età, non vedo pucchiacca da tempi remoti, tanto da non conservarne memoria: non so più nemmeno dove sia locato quest’organo sublime, né ricordo se sua spaccazza si trovi in posizione orizzontale o verticale.Jacopo carissimo, miei dolori ed affanni sono numerosi e tristi, ma ti prego ugualmente di tenermi informato su tue vicissitudini lavorative: sarò per te valido appoggio, e so che anche tu potrai appoggiarmi, con il bastone tuo amicale.
Con affetto e simpatia, lascio qui la firma mia
Il giovane Waller
II lettera
Da Bayern di Monaco, 25 novembre 1797
Amico mio, pur essendo noi inseparabili, un dì ormai lontano fui costretto a lasciarti. Ricordo ancora le lacrime versate sagliendo sull’alfetta di papà; e ricordo lo scuzzettone che mi chiavasti all’intrasatta, chiamandomi “ricchione”, prima ch’io partissi. Eravamo pur fanciulli…E ricordi, ricordi della nostra estate a Pontecagnano affiorano nei miei pensieri, e, come saittella appilata, traboccano e fluiscono su questo foglio. Ricordo Pascalone, il figlio della purtunara, che usava farsi i pallini dentro al naso, e ce li azzeccava per cuollo, in un impeto di infantile esuberanza. E ricordo Eleonora, sua sorella, le cui grazie capricciose ci procuravano un piacevole passatempo, quando la spiavamo mentre si sciacquava il mazzo, facendoci pugnettoni a due mani.E ricordi anche tu le vicende che tanto spesso ci facevano ridere, e invece erano tanto poco risibili? Ricordi don Vecienzo, quando si scapezzò con la bicicletta e gli uscì il sangue per vocca? E ricordi come jastemmava la maronna del carmine, con i fedeli attorno muorti di scuorno, perché si erano visti palle e pesce da sotto la tonaca che si era alzata? E ricordi, in spiaggia, le facezie nostre infantili, quando appoggiavamo il pesce da sopra al costume alle coetanee bambine, che strillavano come le femmine annanz’a un film di Dario Argento?Amico caro, mi dolgo con te per la disgrazia che ti ha colto: hai solo 35 anni e sei già iscritto al collocamento… questa stagione di giovinezza riscalda ancora il tuo spirito, e già dovrai jettare il sangue comm’a nu ciuccio ‘e fatica. E capisco ancor meglio tuo sgomento, poiché mammà ha detto che da lunedì la devo andare ad aiutare in salumeria, perché tiene un’età e non ce la fa più ad aizare da terra le forme di pruvulone piccante e i prusutti con l’osso. Quasi come rapace arpia, mi ha sequestrato tutte le figurine dei giocatori, e ha detto che se non vado a faticare quanto è vero Gesù Cristo me le appiccia. Sai, amico, ho provato a chiagnere e vaviare come criaturo , a fare la finta che tengo male e panza; ho persino detto che se non mi torna le figurine faccio un salto dal balcone: ma non ci sono stati cazzi. Del resto sto di casa al primo piano, e massimo massimo me putess’ scassà na coscia. Povero Waller! Già mi vedo areto a nu bancone ‘e salumiere, con il bianco grembiule, mentre affetto murtadella per la cliente janara… “Fammell’ fina fina, ‘e capit’ Wallèr?” Povere orecchie mie, pur avvezze al salmodiare melodioso di Tiziano Ferro, cosa dovrete ascoltare!Come intuisci, la vita tedesca non è felice, pur tra birra e wurstel. Contento devi essere della tua bella Italia, in cui sole, pizza e mandolino riscaldano il cuore, e dove le donne sono calde e disponibili. Sappi che io, pur essendo nel fiore dell’età, non vedo pucchiacca da tempi remoti, tanto da non conservarne memoria: non so più nemmeno dove sia locato quest’organo sublime, né ricordo se sua spaccazza si trovi in posizione orizzontale o verticale.Jacopo carissimo, miei dolori ed affanni sono numerosi e tristi, ma ti prego ugualmente di tenermi informato su tue vicissitudini lavorative: sarò per te valido appoggio, e so che anche tu potrai appoggiarmi, con il bastone tuo amicale.
Con affetto e simpatia, lascio qui la firma mia
Il giovane Waller
Le ultime lettere di Jacopo Muortis
I lettera
Da' Colli delle papere Euganei, 22 novembre 1797
I lettera
Da' Colli delle papere Euganei, 22 novembre 1797
Il sacrificio della nostra patria è consumato, il carretto del fruttaiuolo si è arricettato ed un pugnetto a prima mattina già me l' ho tirato. Il mio nome è finito nelle liste del collocamento, lo so : Ma aropp chi s'o sentev a papà rint' e rrecchie? Crudele genitore che meco ancor fanciullino spezzò il mio sogno di diventare purtiere del Real Casandrino, schiattandomi con una furchetta il super santos comprato al tabbaccaio della signora Carla davanti agli occhi criatureschi dei cumpagnelli miei che si inumidirono di amare lacrime perchè stavamo vincendo 3 a 1 e al purtiere della squadra avversaria ci avevamo fatto uscire il sangue dal naso. Ricordi, giovane Waller, i giorni spensierati della nostra infanzia a Pontecagnano, dove venivi a passarti il ferragosto con quei quattro soldi che prendeva tuo padre con la pensione di autista della sepsa? Trascorrevamo pomeriggi oziosi ad appicciare lacerte e curriare vecchie che piangevano, parlando di sogni ingenui, vane speranze e della sorella di Niccolò che per duemila lire faceva vedere la pucchiacca. Peccato che noi duemila lire in tasca non le tenevamo mai. Ed ora, pure che tengo trentacinque anni, sento ancora dentro di me quel fanciullino senza scuorno, che andava facendo solo maliservizi col pesce da fuori e che si fece cadere tutti i denti da bocca perchè si scocciava di lavarseli e suo padre andò a finire sott' e 'ngopp per pagare le cambiali del dentista e ancora sta iastemmando a San Girolamo. Che ricordi felici. Mò però mia madre se n'è uscita che mi devo trovare un posto di fatica come tutti quanti e questo fatto mi rattrista un pò. Beato a te che stai là in Germania, dove ci sta la birra buona, i crauti (pure che mi fanno schifo), Rudy Voeller ed il proporzionale alla tedesca che mò pare che se non lo fanno pure in Italia ai politici ci viene una cosa.
Il tuo pessempre amico
Jacopo Muortis
Jacopo Muortis
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